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DA VIA ROMA AL CAPO

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E il quartiere che si estende a nord-ovest dei Quattro Canti. Proprio di fronte alla chiesa di S. Domenico, dall'altro lato della piazza, la stretta via Bandiera, ultima frangia del mercato di Capo, nasconde bei palazzi. Si noti, al n° 14, Palazzo Termine, costruito nel 1573 in stile spagnoleggiante. Belle le bifore divise da esili colonnine che "sostengono" un ricamo di pietra. Quella d'angolo è un'aggiunta di un restauro degli inizi del '900. Adiacente è il Palazzo Oneto di Sperlinga, bella dimora signorile del '700.

S. Agostino - E' una bella chiesa duecentesca edificata per volere delle famiglie Chiaramonte e Sclafani. La facciata, è arricchita da un portale decorato da motivi geometrici e floreali bicromi e da un ricco rosone. Bello anche il portale gaginesco che si affaccia su via S. Agostino. All'interno, dominato dai rimaneggiamenti barocchi, sono conservati stucchi della scuola del Serpotta del quale si può vedere la firma (una lucertola, serpe in siciliano) sulla mensola della seconda statua di destra.
Proseguendo via S. Agostino si giunge nel cuore del quartiere, animato ogni mattina dal vivace mercato di Capo. E proprio in questa zona che si svolge gran parte dei Beati Paoli, monumentale romanzo popolare di Luigi Natali che, pubblicato a fascicoli tra il 1909 ed il 1910, divenne così famoso tra i palermitani da essere letto avidamente e da tenerli col fiato sospeso, in attesa delle uscite successive. Interessante in particolare l'ambientazione, molto fedele, che permette di rivivere in una Palermo dei passato. In via Cappuccinelle, 6 spicca l'insegna del panificio Morelio, costituita da un bel pannello liberty a mosaico con una figura femminile incornidata da una "nicchia" di spighe e da un motivo decorativo a fiori dilato in basso: il decoro delle spighe è ripreso anche in alto.

Museo Archeologico Regionale - Installato nel cinquecentesca convento dell'OlivelIa fondato nel XVII sec. dai Padri Filippini con l'annessa chiesa barocca di S. Ignazio all'Olivella, possiede una ricca collezione di reperti provenienti dai siti siciliani tra i quali spiccano quelli provenienti da Selinunte.
Pianterreno. La visita inizia in un piccolo chiostro con al centro una fontana esagonale. Alle spalle, sulla parete, in alto, si noti una bella monofora dalla ricca cornice. Sotto il portico è collocata una collezione di ancore puniche e romane (esposte anche nel chiostro grande). Due salette sono dedicate una all'arte fenicia, con due sarcofagi antropomorfi del VI sec. a.C, l'altra a reperti egizi e punici tra i quali si evidenziano un'iscrizione egizia a geroglifici detta Pietra di Palermo (altre tre parti sono conservate al Cairo e a Londra) che narra 700 anni di storia dell'Egitto, ed un'iscrizione punica rinvenuta presso il porto di Marsala raffigurante un sacerdote davanti ad un brucia-profumi e al dio Tanit.
Oltre, il chiostro grande, su cui si aprono sale dedicate essenzialmente a Selinunte. La prima è dedicata alle stele gemme formate da coppie di busti di divinità infernali, sia in bassorilievo che a tutto tondo. Da qui si accede alla sala Gabrici (proiezione di video a scelta) che ospita la ricostruzione del frontone del tempio C ed alcuni triglifi originali. Nella sala Marconi sono esposte teste leonine che fungevano da doccioni nel Tempio della Vittoria ad Himera. Si ritorna a Selinunte con il salone che ospita le bellissime metope. Sotto la finestra a destra sono raggruppate le più antiche (di dimensioni modeste), provenienti da un tempio del VI sec. a.C in stile arcaico. Una in particolare raffigura il ratto di Europa da parte di Zeus trasformatosi in toro. Sulla sinistra invece si trovano le tre magnifiche metope del tempio C (VI sec. a.C.). Il rilievo, quasi a tutto tondo, raffigura Perseo mentre taglia la testa alla Gorgone che tiene tra le braccia Pegaso, cavallo alato nato dal suo sangue versato (scena centrale): la quadriga del dio del sole, Apollo, (a sinistra): Eracle che cattura i Cercopi (due fratelli ladroni) e li appende ad un bastone (a destra).
Le quattro metope del tempio E (parete di fondo) sono forse le più belle per espressività, senso del movimento e realismo caratteristiche che le rendono miti "moderne". A partire da sinistra si vedono Eracle che lotta con un'amazzone, Heri, al cospetto di Zeus (assiso, che le solleva il velo dal volto), la metamorfosi o Atteone in cervo (si intravede il muso dell'animale dietro il capo di Atteone attacato dai cani) ed Atena che lotta contro il gigante Encelado. Le quattro sale dedicate ai reperti etruschi conservano belle urne cinerarie e buccheri.
Primo piano - Tra i bronzi, risalenti all'epoca greca. romana e punica, emergono Eracle che abbatte il cervo, forse ornamento centrale di una fontana, ma soprattutto l'Ariete, opera ellenistica di un incredibile realismo, proveniente da Siracusa. Tre le statuette marmoree (sala successiva) si evidenzia invece un bel Satiro versante, copia romana da un originale di Prassitele.
Secondo piano - E' dedicato alla preistoria, alle ceramiche greche e a mosaici ed affreschi romani. Nella sala dei mosaici, Orfeo con gli animali (III sec. d.C.) e il mosaico delle stagioni, con raffigurazioni allegoriche e mitologiche strettamente legate al mondo dionisiaco, sono stati ritrovati a Palermo.

S. Ignazio all'Olivella - E' una bella chiesa barocca iniziata alla fine del XVI sec. ove, secondo la tradizione, sorgeva la villa della famiglia di S. Rosalia. OlivelIa indicherebbe proprio questo: Olim villa, una volta (qui era) la villa. La facciata è incorniciata da due campanili che rendono la composizione più libera.
All'interno, attira l'attenzione la scritta rosso fiammeggiante Jahvè al centro della Gloria alle spalle dell'altare. Particolarmente ricca di intarsi policromi di pietre dura è la prima cappella a destra.
Oratorio - Vi si accede dal transetto destro. E' opera dell'architetto Venanzio Mareglia. All'interno, si distinguono gli stucchi della gloria: bello l'angelo circondato da puttini in gruppi di due o tre, opera di Ignazio Marabitti. Di fronte alla chiesa, Via dell'Orologio conduce fino a via Maqueda, proprio di fronte al Teatro Massimo. Prima di proseguire, giunti alla fine della via, uno sguardo indietro consentirà di cogliere uno scorcio inatteso su uno dei due campanili di S. Ignazio il cui orologio è probabilmente all'origine del nome della via.

 

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