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ALLE SPALLE DELLA CALA

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La cala, l'antico porto di città, era un tempo difeso dal Castello a Mare, edificato sotto gli Arabi, ma trasformato e riutilizzato in seguito come roccaforte, prigione, abitazione. La massiccia costruzione è stata purtroppo fortemente mutilata nel 1922 per l'ampliamento del nuovo molo. Il quartiere che si stende alle spalle dell'antico porto non può che essere introdotto dalla chiesa che, per essere stata secoli custode delle catene che lo chiudevano, è stata chiamata S. Maria alla Catena.

S. Maria alla Catena - Attribuita a Matteo Carnelivari, è preceduta da un ampio portico squadrata e a tre fornici dietro al quale si cela il portale decorato sulla cornice da un bassorilievo di V. Gagini. Il portico è coronato da un traforo di pietra che corre anche sui lati (la scalinata che lo precede è un'aggiunta tarda). In stile di transizione gotico-rinascimentale (1490), presenta un bell'interno ad archi scemi e campate a crociera ogivali, sottolineate da costoloni in pietra che contrastano con il candore della copertura. La crociera del presbiterio è rischiarata da bifore lavorate. La seconda cappella di destra conserva resti di un affresco della Madonna e, sull'altare, si possono ancora vedere i simboli delle catene.
La chiesa offre uno spettacolo suggestivo dopo il tramonto, quando si trova sotto i "riflettori".
Nei pressi sorge la monumentale Porta Felice (1582) che chiude corso Vittorio Emanuele a est, In stile tardo-rinascimentale, la mole massiccia dei due piloni che la costituiscono è ingentilita da volute e aperture coronate da timpani.
Continuando lungo l'ampia curva disegnata dal porto, si arriva in piazza Fonderia. alle spalle della quale (da via Cassari fino a piazza S. Domenico) si svolge il pittoresco e storico mercato della Vucciria.

S. Domenico - La chiesa si erge maestosa su una bella piazza con al centro una colonna che regge la statua della Madonna. Iniziata nel '600, la chiesa venne terminata solo un secolo più tardi. La facciata barocca si divide in tre ordini scanditi da colonne doriche, corinzie e lesene che incorniciano la statua del santo. L'interno, di ampio respiro, è a tre navate con cappelle che si affacciano su ogni volta della navata laterale. Notevoli, per il decoro a tarsie policrome in pietre dure, la quarta cappella a destra e il cappellone del Rosario nel transetto sinistro. Annesso alla chiesa si trova un grazioso chiostro trecentesco a colonnine gemme.
Nei locali adiacenti la chiesa si trova la Società Siciliana per la Storia Patria che ha allestito in una stanza un piccolo Museo del Risorgimento con ricordi garibaldini. Dalle finestre del museo si gode di una bella vista sul chiostro di S. Domenico.

Oratorio del Rosario di S. Domenico - E' un gioiello della decorazione a stucco, realizzata da Giacomo Serpotta, che seppe come sempre imprimere un profondo senso del movimento al folleggiare dei putti colti nella loro spontanea giocosità di bambini e dare espressività alloro visetti allegri o pensosi utilizzando una materia, lo stucco, non certo viva come la pietra o il marmo.
Gli stucchi si dispongono a far da cornice a una serie di tele raffiguranti i Misteri Gaudiosi (nella parete di sinistra e in quella di fondo), alcuni dei quali sono opera di Pietro Novelli, e i Misteri Dolorosi (nella parete di destra), tra cui la Flagellazione di Mattias Stomer. Nelle nicchie che si alternano alle tele, le allegorie delle Virtù sono rappresentate da straordinarie figure femminili, nelle quali colpisce l'eleganza del portamento e la delicatezza dei drappeggi degli abiti. Sono in alcuni casi accompagnate da putti, come la statua della Mansuetudine che tiene in mano una colomba verso la quale tende la manina paffutella un putto vestito da fraticello.
Al di sopra delle tele nei grandi ovali il Serpotta raffigurò scene delI'Apocalisse di S. Giovanni, tra le quali è da notare la plasticità del corpo del diavolo che precipita dopo essere stato cacciato dal cielo.
Sopra la cupola che sovrasta l'altare, altri putti alati sorreggono un drappo: all'altare maggiore la splendida tela della Madonna del Rosario con S. Domenico e le patrone di Palermo, di Anton Van Dyck (1628). E' incorniciata da due statue femminili alle goriche che sembrano quasi spettatrici di un teatro. L'affresco della volta di Pietro Novelli rappresenta l'incoronazione della Vergine.

Oratorio del Rosario di S. Cita - Vi si accede attraverso la Chiesa di S. Zita (Cita è la deformazione toscana) che possiede un elegante arco marmorea di Antonello Gagini (nel presbiterio) e la bella cappella del rosario (a destra del presbiterio) in cui tarsie policrome si sposano a delicati stucchi. L'oratorio è il capolavoro del maggiore decoratore barocco, Giacomo Serpotta, che lavorò tra il 1686 ed il 1718. Un tripudio di angioli e putti dalle espressioni e posizioni estremamente libere e plastiche sembrano giocare tra di loro, si arrampicano sulla cornice delle finestre, fanno capolino da ghirlande floreali, voltano le spalle in maniera irriverente, piangono, dormono, allacciano le mani intorno alle ginocchia in atteggiamento pensoso.
L'attenzione è subito catturata dalla controfacciata. Un drappo panneggia tutta la parete ed un nugolo di putti si affanna a sostenerlo. Al centro, un rilievo con a Battaglia di Lepanto è affiancato dalle figure di due giovani emaciati, simbolo degli orrori che la guerra può provocare. Tutt'intorno alcuni riquadri, presenti anche sotto le finestre delle pareti laterali, ripercorrono i Misteri del Rosario. A partire dalla parete di sinistra troviamo i Misteri Gaudiosi: Annunciazione, Visitazione, Natività e Presentazione al Tempio. A destra i Misteri Dolorosi: Gesù nell'Orto del Getsemani, Flagellazione, Coronazione di Spine e il Calvario. Sul fondo i Misteri Gaudiosi (a partire dal basso a sinistra): Risurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione di Maria. In alto, al centro, l'incoronazione di Maria. All'altare, una bella tela di Carlo Maratta raffigura la Madonna del Rosario (1690).
Le Otto finestre che ornano le pareti laterali per lato sono "sorvegliate" da figure allegoriche. Il nugolo di putti di S. Cita e la Battaglia di Lepanto Poco lontano, nell'omonima piazza, sorge S, Giorgio dei Genovesi, uno dei pochi esempi tardo-rinascimentali a Palermo. Oggi sconsacrata e spesso utilizzata come spazio espositivo, venne fatta edificare dalla comunità di mercanti genovesi che spesso qui trovarono sepoltura (belle le lastre tombali). In via Cavour, l'edificio della Prefettura in stile neogotico veneziano era la villa Whitaker costruita da uno dei dodici nipoti dell'imprenditore Ingham.

 

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